In che
modo si può uscire dalla crisi? Come si fa ripartire l’economia e
si crea lavoro? La rotta giusta per uscire dalla crisi, in Europa e
nel mondo, è nella crescita di una nuova economia ecologica per uno
sviluppo sostenibile. Un new deal ecologico che cammina su due gambe:
la rivoluzione industriale e tecnologica legata alla green economy, e
un cambiamento culturale verso una nuova idea di benessere e diversi
stili di vita.
In
questa sfida, un paese come l’Italia ha la possibilità di
innestare la modernizzazione ecologica del sistema industriale e
manifatturiero su un patrimonio straordinario di civiltà, bellezza,
creatività, e sulle vocazioni di territori ad alta qualità
ambientale. Una via italiana alla green economy, che potrà tanto più
svilupparsi quanto più sarà sostenuta da efficaci politiche
industriali, fiscali, ambientali.
L’economia
verde è dunque uno dei pilastri fondamentali per la ricostruzione
dell’Italia. Le nostre proposte vogliono essere di stimolo
all’attuale governo – per le misure più immediate da adottare
già in questa fase - ed al tempo stesso obiettivi da mettere al
centro di un programma di più lungo periodo per la prossima
legislatura. Dieci proposte che disegnano anche un’idea di futuro.
1. MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA DELL’INDUSTRIA ITALIANA.
E’ una scommessa decisiva per dare alla nostra industria
manifatturiera (la seconda in Europa) un ruolo nella nuova
rivoluzione industriale dell’economia verde.
Proponiamo di rilanciare il progetto di politica industriale
intrapreso con “Industria 2015” (avviato nel 2006 per rilanciare
l’innovazione industriale puntando in particolare su efficienza
energetica, made in italy, mobilità sostenibile, e successivamente
svuotato dal governo Berlusconi) con un nuovo programma “Industria
2020”, imperniato su politiche di sostegno alla ricerca ed
alla innovazione finalizzate allo sviluppo della green
economy nei principali settori manifatturieri (tecnologie e
materiali per l’efficienza energetica e la produzione di energia da
fonti rinnovabili; industria dell’auto e mobilità sostenibile;
nuovi materiali e chimica “verde”; filiere industriali connesse
al riciclo ed all’utilizzo efficiente delle materie prime; eco
design, ecc.).
Si tratta di sviluppare politiche industriali che, favorendo
l’innovazione sia di processo che di prodotto, orientino
l’industria manifatturiera italiana verso l’innovazione
ecologica, la qualità ambientale, l’uso efficiente dell’energia
e delle materie.
Un esempio di attualità è quello connesso alla “rivoluzione”
degli shopper: il divieto di commercializzazione e produzione
di sacchetti di plastica non biodegradabili, un nostro successo che
ha aperto la strada a nuovi prodotti più ecosostenibili promuovendo
la chimica verde.
Sull’obiettivo di una modernizzazione ecologica del sistema
industriale vanno concentrate le risorse disponibili - a partire da
quelle del Fondo rotativo per Kyoto e quelle derivanti dalla
quota sui diritti di emissione di C02 - anche riformando il
sistema dei sussidi alle imprese oggi spesso erogati senza
adeguati criteri selettivi.
E’ necessario anche sviluppare accordi di programma tra
distretti produttivi, poli scientifici e tecnologici, Università e
centri di ricerca (a partire dall’ENEA), accordi volontari con
le imprese, sistemi di certificazione.
2. FISCALITA’ ECOLOGICA.
Vogliamo un sistema fiscale più giusto – che promuova una maggiore
equità, combatta l’evasione e favorisca il lavoro e la produzione
rispetto alla rendita – ma anche al tempo stesso capace di
orientare l’economia verso l’innovazione ecologica.
Per questo proponiamo una riforma in senso ecologico del sistema
fiscale che, a parità di gettito, alleggerisca la pressione sul
lavoro e sull’impresa spostando il carico verso i consumi di
energia e di materie prime, incentivi produzioni e consumi
ambientalmente virtuosi disincentivando quelli più inquinanti. La
leva della fiscalità ecologica – quanto più possibile coordinata
su scala europea ed in linea con gli obiettivi della strategia Europa
2020 - può dare un contributo importante ad un rilancio “verde”
dell’economia.
Questa strategia deve ispirare anche i provvedimenti più
immediati del Governo e del Parlamento, a cominciare dalla attuazione
della legge delega di riforma del sistema tributario.
Proponiamo inoltre in particolare:
- a) l’incentivazione di produzioni che utilizzano materie prime seconde, sviluppando la filiera del riciclo; l’Italia, paese povero di materie prime, può divenire uno dei leader mondiali nell’uso efficiente delle risorse e del riciclo, sostenendo con la leva fiscale il mercato dei prodotti riciclati;
- b) una riforma della fiscalità urbanistica capace di rovesciare la logica perversa che oggi induce molti Comuni, anche a causa delle ristrettezze finanziarie, ad incrementare il consumo di suolo, premiando al contrario la riqualificazione delle città e del patrimonio edilizio esistente;
- c) l’utilizzo della carbon tax, possibilmente in maniera coordinata sul piano europeo, per favorire la costruzione di una economia “low carbon”.
3. MADE IN ITALY, AGRICOLTURA, TURISMO, PARCHI: LA SFIDA DELLA
QUALITA’. Lo sviluppo dell’economia verde può avere in
Italia una declinazione originale e con grandi potenzialità. Se è
vero che la sfida della qualità è decisiva per la competitività
delle imprese e dei sistemi territoriali, la carta vincente per
l’Italia – come già dimostrano esperienze di successo cresciute
in questi anni - sta nella capacità di incrociare la modernizzazione
ecologica del sistema manifatturiero con la valorizzazione delle
vocazioni e dei tradizionali punti di forza del nostro paese, con
quel saper fare “le cose belle che piacciono al mondo” che
costituisce un tratto distintivo della nostra stessa identità
nazionale.
Servono perciò politiche per tutelare il patrimonio ambientale,
storico, paesistico; promuovere nel mondo il made in Italy,
difendendolo da imitazioni e contraffazioni; sviluppare il turismo
di qualità; sviluppare le produzioni agroalimentari
legate al territorio e le produzioni biologiche; valorizzare il
sistema dei parchi e tutelare la biodiversità.
4. CLIMA ED ENERGIA: L’ITALIA PROTAGONISTA. Dopo gli anni
dei governi di centrodestra, che hanno visto l’Italia schierata su
posizioni di retroguardia, ora, dopo la Conferenza di Durban, il
nostro paese deve tornare ad essere in prima linea nella
costruzione di un nuovo accordo globale per il clima
entro il 2015 e nella attuazione del c.d. “Kyoto 2”, a cominciare
dalla assunzione dell’obiettivo su scala europea di una riduzione
del 30% delle emissioni entro il 2020.
L’Italia deve giocare un ruolo di protagonista anche nella
rivoluzione energetica, che può rappresentare per il nostro paese un
volano per l’occupazione e la green economy, ed al tempo stesso una
garanzia di indipendenza e di sicurezza. Solo con un nuovo modello
energetico potremo rendere il nostro sistema sicuro, competitivo,
sostenibile.
Dopo il referendum che ha sancito il definitivo abbandono del
nucleare è più che mai urgente dotare il nostro paese di una nuova
strategia energetica. Gli scenari di lungo periodo dipendono
anche da decisioni che devono essere assunte nei prossimi mesi.
L’Italia, come dimostrano i risultati raggiunti nel giro di pochi
anni nello sviluppo delle rinnovabili - ad esempio nel fotovoltaico -
può ancora collocarsi tra i leader mondiali delle energie
rinnovabili: occorre però muoversi bene e in fretta. Per questo va
convocata una Conferenza nazionale sull’energia. Essenziale
è garantire un quadro certo, chiaro ed efficace di regole per lo
sviluppo delle rinnovabili: altrimenti, come dimostra la vicenda dei
decreti emanati dal governo Monti, in particolare quello sul quinto
conto energia per il fotovoltaico, si rischia di soffocare un settore
decisivo per il nostro futuro.
L’Italia, in sintonia con gli obiettivi comunitari al 2020 e con la
Roadmap 2050 della Commissione Europea, deve puntare su una
strategia di efficienza energetica e sullo sviluppo
delle rinnovabili, per arrivare a produrre entro il
2030 almeno il 50% dell’elettricità da fonti rinnovabili ed a
ridurre dell’80% le emissioni di gas serra entro il 2050. A
tal fine bisogna garantire un sistema certo e adeguato di incentivi
fino al raggiungimento della grid parity, adeguare la rete elettrica
(smart grid e sistemi di accumulo), rafforzare gli incentivi per
l’energia termica da rinnovabili e per l’efficienza energetica.
Una nuova strategia energetica deve prevedere inoltre una riduzione
progressiva dei consumi di petrolio e il rafforzamento al ruolo
essenziale del gas, completando i processi di liberalizzazione e
realizzando le infrastrutture necessarie (rigassificatori, gasdotti,
stoccaggi); deve escludere un incremento dell’uso del carbone,
sviluppando al contempo la sperimentazione delle tecniche di cattura
della CO2.
Proponiamo di:
a) emanare rapidamente i decreti attuativi ancora mancanti per
le rinnovabili (energia elettrica e termica) in modo da garantire un
quadro certo di incentivazioni;
b) responsabilizzare le Regioni per il raggiungimento degli obiettivi
territoriali (“burden sharing”) per le rinnovabili;
c) avviare un programma per l’efficienza ed il risparmio di
energia in tutti i settori (industria, servizi, edilizia,
trasporti) in grado di ridurre i costi delle bollette e le emissioni
di gas serra, di migliorare la competitività delle imprese e creare
nuovi posti di lavoro;
d) rendere permanenti le detrazioni fiscali (55%) per la
riqualificazione energetica degli edifici privati;
e) avviare piani straordinari – nazionali e locali – per
la riqualificazione energetica degli edifici pubblici (scuole,
ospedali, uffici) e per il patrimonio di edilizia residenziale
pubblica, nonchè per la messa in sicurezza antisismica, con
l’istituzione di un Fondo di rotazione per l’efficienza
energetica.
f) anticipare negli strumenti urbanistici dei Comuni
l’attuazione degli obiettivi previsti dalla nuova direttiva europea
sugli standard energetici delle nuove costruzioni (verso
edifici a consumo “zero o quasi zero”)
g) semplificare le modalità autorizzative per gli impianti di
energia rinnovabile, garantendo tempi certi per la loro realizzazione
ed un corretto inserimento nel territorio.
5. OPERE PUBBLICHE: PRIORITA’ LA DIFESA DEL SUOLO. Nell’Italia
delle frane e delle alluvioni, con oltre 5 milioni di persone in
pericolo, la più grande opera pubblica oggi necessaria non può che
essere l’insieme di interventi che riguarda la difesa del suolo,
la prevenzione del dissesto idrogeologico, la manutenzione del
territorio.
Proponiamo in particolare di:
a)
ripristinare quanto più possibile, dopo i drammatici tagli degli
ultimi anni, i finanziamenti per la difesa del suolo, destinando
comunque a tale obiettivo almeno 1/3 dei fondi Cipe;
b)
consentire agli enti locali la deroga al patto di stabilità
per gli investimenti in questo settore;
c)
adottare un piano di adattamento ai cambiamenti climatici,
considerando che a fronte di eventi meteorologici sempre più intensi
occorre anche un aggiornamento della mappa della vulnerabilità del
territorio;
d)
potenziare il ruolo dell’agricoltura nelle funzioni di
tutela del territorio;
e)semplificare
e riordinare le competenze istituzionali, oggi farraginose e
confuse;
f)
intensificare la lotta all’abusivismo edilizio, frenare
il consumo di suolo, delocalizzare gli insediamenti a
maggior rischio.
Più
in generale, se vogliamo che gli investimenti sulle opere pubbliche
producano benefici rapidi per l’economia bisogna concentrarsi
anzitutto su migliaia di piccole e medie opere, aprendo subito
i cantieri per la manutenzione di scuole, ferrovie e strade,
per la riqualificazione delle città, per completare i sistemi di
depurazione delle acque e di trattamento dei rifiuti.
Per
quanto riguarda le grandi infrastrutture di trasporto, dopo la
stagione dei roboanti annunci sulle grandi opere ed il fallimento
della legge obiettivo, a maggior ragione in una stagione di risorse
pubbliche scarse, bisogna cancellare definitivamente dalla
programmazione opere sbagliate come il Ponte sullo Stretto, rivedere
le priorità puntando anzitutto sul trasporto su ferro e via mare,
ricondurre ogni scelta infrastrutturale dentro una coerente politica
di modernizzazione ecologica del sistema dei trasporti e di
riequilibrio modale.
6.
SERVIZI PUBBLICI LOCALI. Il sistema dei servizi pubblici
locali rappresenta un settore fondamentale per la green economy,
considerando le attività già in essere – dall’energia ai
rifiuti, dai trasporti all’acqua – e quelle che potranno essere
intraprese.
Sono
servizi che richiedono al tempo stesso salvaguardia dell’interesse
pubblico e efficiente gestione industriale. Devono essere
accompagnati – questo è un aspetto particolarmente importante in
funzione del rilancio dell’economia – da investimenti per la
realizzazione di impianti ed infrastrutture (dalle reti per il
gas e l’elettricità agli impianti per il trattamento dei rifiuti,
dagli acquedotti ai depuratori), anche con modalità innovative di
finanziamento.
Il
servizio idrico ha una sua specificità. L’acqua è un bene comune
essenziale: questo principio, a maggior ragione dopo il referendum,
non può essere messo in discussione. Al tentativo del precedente
governo di imporre privatizzazioni forzate abbiamo contrapposto la
necessità di una più forte capacità pubblica di programmazione,
regolazione e controllo, in modo che la gestione del servizio
garantisca il diritto all’acqua, la tutela delle risorse idriche,
la realizzazione degli investimenti necessari per realizzare
depuratori, fognature, acquedotti.
Ma anche
per gli altri servizi pubblici locali, interessati da processi di
liberalizzazione, è necessario - senza scordare mai peraltro la
sostanziale differenza tra liberalizzazioni e privatizzazioni -
garantire che la concorrenza per l’affidamento del servizio avvenga
sempre in un quadro di efficace regolazione pubblica e di
promozione della qualità ambientale del servizio.
Per i
rifiuti, in particolare, non c’è da andare alla ricerca di
bacchette magiche, o perdersi in discussioni ideologiche, c’è solo
da fare, in ogni parte d’Italia, una buona ed efficace politica, la
stessa indicata dalle direttive europee. Primo: ridurli, con misure
di prevenzione. Secondo: riutilizzarli e riciclarli, per anticipare
quanto più possibile il raggiungimento dell’obiettivo europeo di
avvio al riciclo di almeno il 50% dei rifiuti urbani. Terzo: il
recupero di energia. Infine, ma solo per la minima parte residua, lo
smaltimento in discarica.
7. MOBILITA’ SOSTENIBILE, CITTA’ ECOLOGICHE ED INTELLIGENTI.
Nel campo della mobilità c’è moltissimo da fare, e ritardi enormi
da recuperare.
Investire nella realizzazione di sistemi di mobilità sostenibile
- ferrovie locali, tramvie e metropolitane, treni per i pendolari,
autobus a basso impatto ambientale, sostegno alla ricerca ed alla
innovazione dell’industria automobilistica, passaggio delle merci
dalla gomma alla ferrovia ed al cabotaggio, trasporto fluviale - è
una priorità per la modernizzazione del paese. Può costituire, al
tempo stesso, una scelta importante per il rilancio dell’economia.
Più in generale, la sfida dell’economia verde e della
sostenibilità ambientale si gioca in modo particolare nelle città,
grandi e piccole. Dall’efficienza energetica alla mobilità
sostenibile, dalle smart grid alle azioni per il clima, gran parte
delle azioni da sviluppare per la sostenibilità ambientale hanno il
loro epicentro nelle realtà urbane e nelle comunità locali.
Lo sviluppo stesso della green economy dipende non solo dalle
politiche nazionali, ma anche dalla capacità dei sistemi economici
locali di sostenere la ricerca, l’innovazione, gli investimenti.
Ciò assegna agli Enti Locali ed alle Regioni un ruolo essenziale.
E’ necessaria dunque una nuova stagione del riformismo urbano,
che metta al centro la qualità ambientale e l’economia verde.
8. AMBIENTE E GREEN ECONOMY PER LO SVILUPPO DEL SUD.
Economia verde, ambiente, turismo, agricoltura di qualità
costituiscono importanti opportunità per lo sviluppo del
Mezzogiorno.
Le regioni meridionali sono una naturale piattaforma tra Europa e
Mediterraneo con grandi potenzialità di sviluppo collegate alle
energie rinnovabili, alla valorizzazione delle risorse ambientali,
all’industria agroalimentare di qualità. Su questo obiettivo
devono convergere politiche pubbliche e investimenti privati, in uno
sforzo di rinascita del Sud.
A tal fine occorre sviluppare la filiera produttiva delle energie
rinnovabili, utilizzando al meglio anche le risorse finanziarie dei
POR FESR (1,3 miliardi di euro); riconvertire e innovare il tessuto
manifatturiero con politiche industriali finalizzate allo sviluppo
della green economy; valorizzare l’industria agroalimentare e le
funzioni dell’agricoltura connesse alla difesa del suolo, alla
tutela del paesaggio, alle agroenergie; sviluppare il turismo facendo
leva sulla tutela del patrimonio ambientale, storico e culturale, sui
parchi, sui 16 siti Unesco; investire per la manutenzione del
territorio, la prevenzione del dissesto idrogeologico, il contrasto
alla erosione delle coste; modernizzare le reti infrastrutturali
(energia, acquedotti, impianti per il trattamento e per il riciclo
dei rifiuti, banda larga, autostrade del mare e reti ferroviarie).
9. PIU’ LEGALITA’, LOTTA ALLE ECOMAFIE, MENO BUROCRAZIA.
Affermare la legalità è una condizione indispensabile per la
ricostruzione dell’Italia. Lotta all’abusivismo edilizio ed alle
ecomafie, contrasto al lavoro nero ed all’evasione fiscale,
trasparenza e onestà nella pubblica amministrazione, introduzione
dei reati ambientali nel codice penale, sono al tempo stesso
condizioni essenziali anche per la tutela dell’ambiente e per lo
sviluppo dell’economia verde.
Altrettanto importante è procedere ad una riforma del sistema dei
controlli ambientali (ISPRA ed Agenzie regionali), garantendone
autorevolezza e indipendenza e promuovendo la collaborazione con le
imprese per migliorare le loro performance ambientali.
Un sistema di controlli adeguati è condizione essenziale per
sostenere le imprese di qualità.
Occorre inoltre avviare una azione di forte semplificazione
delle norme e delle procedure. Non è vero che più sono complicate
le regole e meglio si tutela l’ambiente: è vero esattamente il
contrario. Così come è necessario snellire il sistema di procedure
autorizzative, che oggi troppo spesso rallenta o paralizza la
realizzazione di un impianto di produzione di energia rinnovabile o
l’avvio di una nuova attività imprenditoriale nella green economy.
10.
LAVORO VERDE. Creare nuova occupazione –
lavoro non precario e qualificato – è una priorità fondamentale,
in un paese che ha milioni di disoccupati e nel quale più di 1
giovane su 3 è senza lavoro.
Già oggi
i dati dimostrano che una parte significativa dei posti di lavoro
creati in questi ultimi anni è nei “green jobs”.
Riteniamo che puntando sullo sviluppo della green economy sia
possibile creare in Italia nei prossimi anni – considerando sia le
nuove attività che la riconversione di attività esistenti –
almeno un milione di nuovi posti di lavoro.
Per
vincere la sfida bisogna però investire di più e meglio sul
capitale umano, sulla formazione e sulla ricerca. L’offerta
formativa deve corrispondere meglio alle esigenze del mondo
produttivo ed agli obiettivi di sviluppo dell’economia verde.
Nessun commento:
Posta un commento